Rischio Sismico

LA CONSAPEVOLEZZA DEL RISCHIO SISMICO

L’Italia è tutta sismica

Uno degli aspetti particolari della nostra penisola è quello della sismicità. Il nostro bel Paese è un territorio sismico.
Il Legislatore italiano è ancora in fase di crescita di consapevolezza del rischio sismico, infatti la classificazione sismica è stata incrementata di anno in anno.
Occorre ricordare che le distanze geologiche sul nostro pianeta sono solamente dei costrutti mentali ideati al fine di considerare diverse zone italiane immuni dalla pericolosità sismica.
Ma, in effetti, ammettere che il Gargano è pericoloso mentre la penisola salentina non lo è, secondo il parere dello scrivente, potrebbe essere controproducente soprattutto con l’evoluzione della zonazione sismica che tende sempre a incrementare i
comuni ricadenti in zone telluriche.
Al fine di dimostrare questo assunto nelle prossime illustrazioni si propongono le diverse classificazioni sismiche elaborate nel corso degli ultimi trent’anni circa.
Nella Figura si vede come il Nord Italia fosse considerato quasi del tutto non sismico.

rischio sismico
Classificazione sismica del 1984
Proposta di riclassificazione sismica del 1998
Zonazione sismica del 2003
Mappa sismica con variazioni regionali del 2004

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Grado di sicurezza di un fabbricato

All’indomani del terremoto dell’Aquila del 6 aprile del 2009 la popolazione italiana ha potuto verificare sulla propria pelle la vulnerabilità del costruito, non solo sul territorio abruzzese, ma anche in ogni dove le strutture presentassero identiche caratteristiche fisico-meccaniche.

Nel dicembre del 2008 iniziarono una serie di eventi sismici terminati poi nel 2012.
Gli epicentri erano diffusi nell’intera area del capoluogo abruzzese, nella conca aquilana e in parte della provincia dell’Aquila (bassa valle dell’Aterno, monti della Laga e monti dell’Alto Aterno).
La scossa principale si verificò il 6 aprile del 2009 alle ore 3.32, sviluppando una magnitudo momento pari a 6.3 con epicentro in località Colle Miruci, a Roio, nella zona compresa tra le frazioni di Roio Colle, Genzano e Collefracido, interessando
una buona parte di tutta l’Italia centrale.
Ci furono 309 vittime, più di 1.600 feriti e oltre 10 miliardi di euro di danni.
Successivamente al terremoto dell’Aquila, per la prima volta in Italia fu introdotta dall’autore del presente volume la necessità di individuare la capacità sismica di ogni fabbricato al fine di conoscere a priori la magnitudo per la quale la costruzione potesse
collassare ed arrecare danni agli impianti o, soprattutto, generare morte e distruzione.
Per la prima volta in un post del 6 aprile del 2009 lo scrivente autore espresse per iscritto una idea secondo la quale sarebbe stato auspicabile da parte del Legislatore inserire l’obbligo della Capacità Sismica da apporre sotto ogni numero civico.
In quel periodo furono gettate le basi dell’attuale Il Metodo Antisismico™.
Sarebbe bastato replicare quanto già fatto nel campo dell’efficientamento energetico anche nel mondo della sicurezza sismica. Sarebbe stato sufficiente determinare la Capacità Sismica di ogni fabbricato sottoposto a manutenzione ordinaria e straordinaria,
piuttosto che a cambio di destinazione d’uso, oppure a successione, o ancora a vendita o affitto.

Sarebbe bastato solo questo per rendere edotta tutta la popolazione italiana sul fabbricato che si va a occupare. Sarebbe bastato semplicemente inserire sotto ogni numero civico una sigla: C.S. = Numero. Un numero che esprimesse in termini di accelerazione
di picco al suolo quale fosse la massima resistenza del fabbricato in oggetto.
Sino al 28 febbraio 2017 il Legislatore italiano non fece nulla relativamente a quanto proposto in quell’articolo. Finalmente, però, nella succitata data vengono pubblicate linee guida per la Classificazione del rischio sismico delle costruzioni.
Le procedure introdotte per la definizione della classe di rischio di un fabbricato sono essenzialmente due: semplificata e convenzionale. La seconda è buona cosa, ma la prima è una metodologia errata che molto spesso si discosta dalla più precisa metodologia convenzionale.

Vulnerabilità dei centri storici

Un altro aspetto della consapevolezza del rischio sismico è legato ai danni indotti alle strutture dai terremoti.
Nel paragrafo 1.4, “Il terremoto come laboratorio”, si è voluto suscitare spirito di osservazione di fronte a danni rilevabili non solo dal vivo, ma anche da rilievi fotografici recuperabili navigando in rete.
I principali danni durante un terremoto si concentrano nei centri storici delle nostre città. Spesso si sente dire, da gente non del settore ingegneristico, che le strutture in muratura antiche e storiche sono indistruttibili proprio perché sono in piedi da secoli.
La realtà è molto diversa in quanto esistono dei seri motivi per cui le strutture in muratura antiche non sono assolutamente indistruttibili.

Più un fabbricato è costituito da elementi e membrature “massicce”, con elevata massa, più esso sarà sottoposto ad azioni sismiche. All’aumentare delle azioni sismiche aumenteranno gli spostamenti, i movimenti oscillatori, e con essi i danni occorsi sulle strutture portanti.
Questo è il fondamentale motivo per cui i centri storici italiani, e non solo, sono altamente vulnerabili alle azioni telluriche.
Il secondo motivo dell’elevata vulnerabilità del costruito storico possiamo ritrovarlo nella vetustà dei materiali costituenti la muratura portante di ogni fabbricato: malte, laterizi, pietre. Essi tendono a invecchiare e, quindi, a ridurre le resistenze meccaniche
risalenti al tempo di costruzione. Soprattutto le malte, con i secoli, tendono a polverizzarsi e a ridurre drasticamente la resistenza a trazione e a flessione delle costituenti pareti murarie.
Sempre sulla consapevolezza della vulnerabilità, bisogna sottolineare la scarsissima resistenza a trazione e flessione delle murature che costituiscono i nostri fabbricati del centro storico.

Durante un sisma possiamo immaginare, al fine di intuire il comportamento delle murature di un fabbricato in muratura, le forze agenti nella direzione principale del terremoto, come indicato nella figura in basso.

Modalità di resistenza al sisma

La struttura schematizzata ha solo due possibilità per poter resistere al sisma: quella offerta dalle pareti disposte parallelamente
alle forze di inerzia e la resistenza offerta dalle altre due murature perpendicolari alla direzione tellurica.
Le pareti perpendicolari al sisma non possono offrire molta resistenza, in quanto esse sono costrette a lavorare essenzialmente a pressoflessione fuori piano, meccanismo non favorevole per elementi tipologici non resistenti a flessione o a trazione.
Le pareti disposte parallelamente alla direzione del sisma, invece, verranno sollecitate a pressoflessione del piano, meccanismo ottimo per le murature. Ovviamente a tali sollecitazioni dovranno aggiungersi quelle taglianti.
Le modalità di resistenza al sisma che offrono le strutture in muratura sono, come detto, essenzialmente due: nel piano della muratura e fuori dal piano della muratura.
In teoria occorre anche aggiungere una terza modalità: la resistenza a taglio.
Per le pareti perpendicolari al sisma possono attivarsi meccanismi detti di I (primo) modo, chiamati “fuori piano”. Per le pareti parallele alla direzione del sisma possono attivarsi meccanismi di II modo o “nel piano”.


La qualità muraria

Il metodo, denominato dell’Indice di qualità muraria (IQM), consiste nella determinazione delle caratteristiche meccaniche e fisiche necessarie per verificare il rispetto della cosiddetta “Regola dell’arte di costruzione” delle murature tramandate di generazione in generazione e giunte fino ai nostri giorni.
Per essere ancora più espliciti: attraverso l’IQM si riuscirà a trovare una connessione importantissima tra la qualità muraria e i parametri meccanici (resistenza a taglio e a sforzo normale) ottenuti da prove sperimentali. Parametri indispensabili per ogni
progettista strutturista al fine di conoscere le resistenze al di là delle quali le murature non possono resistere.

La classificazione del rischio sismico degli edifici

Nelle linee guida del D.M. 58/2017 sono previste otto classi di rischio sismico, come rappresentato

La classe di rischio è tipica di ogni fabbricato e la sua determinazione può avvenire attraverso due modalità:
a) metodo convenzionale;
b) metodo semplificato.
Il metodo semplificato si basa essenzialmente su una classificazione macrosismica dell’edificio. Si usa solamente per una definizione della CdR (Classe di rischio) di tipo approssimata e speditiva:
applicabile su fabbricati in muratura;
per valutazione preliminare ed indicativa;
per valutare la CdR in seguito all’uso di interventi di tipo locale.
Il metodo convenzionale si applica rigorosamente a ogni tipo di struttura e si basa su metodologie di calcolo e di analisi previste dalle NTC 2018 utili al fine di individuare la CdR della costruzione nello stato di fatto e nel conseguente intervento di progetto.

Metodo semplificato

Oltre a quanto già menzionato nel paragrafo precedente, il metodo semplificato si adotta per interventi di rafforzamento locale e consente solo il passaggio di una classe di rischio sismico. Restano le altre condizioni relative all’applicazione su strutture in
muratura e per interventi di tipo locale.
Dalle caratteristiche della costruzione in esame si individua la classe di rischio di appartenenza a partire dalla classe di vulnerabilità sancita dalla Scala macrosismica europea (EMS) riprodotta nella Figura 3.2.
Vengono elencate sette tipologie strutturali e per ognuna è indicata una classe di vulnerabilità media variabile da 𝑉􀬵 a 𝑉􀬺, crescente con il pedice indicato.
In Tabella 3.2 per ogni tipologia di struttura occorre precisare quanto segue:

  • il cerchio individua la vulnerabilità più credibile;
  • nell’intorno del cerchio si concretizza un intervallo di vulnerabilità per ogni tipologia strutturale;
  • la linea continua indica un intervallo di vulnerabilità più probabile;
  • la linea tratteggiata individua valori eccezionali.

La valutazione della classe di vulnerabilità media secondo la Scala macrosismica europea viene eseguita in due semplici passi.
Per prima cosa occorre determinare la tipologia strutturale che più di tutte si avvicina alla costruzione in oggetto per la quale si vuole utilizzare il metodo semplificato. Si associa a tale tipologia la vulnerabilità più credibile.
Il secondo passo è la valutazione dello scostamento dalla vulnerabilità media credibile analizzando:

  • degradi strutturali: dissesti, lesioni, scollamenti, ribaltamenti;
  • qualità costruttiva delle membrature portanti;
  • innesco di meccanismi di collasso locali;
  • qualsiasi altro parametro del caso in esame.
    I parametri sopra elencati, non esaustivi, servono solo per incrementare eventualmente, lungo l’intervallo indicato nella Figura 3.2, la vulnerabilità globale. A tal fine le linee guida del D.M. 58/2017 presentano anche una tabella che prevede peculiarità caratteristiche della tipologia strutturale e peculiarità negative per la vulnerabilità locale e globale.

Metodo convenzionale

I parametri per determinare la classe di rischio sismico sono:

  • Indice di sicurezza (IS-V) definito come il rapporto tra l’accelerazione di picco al suolo che determina il raggiungimento dello Stato limite di salvaguardia della vita e la PGA (Peak Ground Acceleration) che le NTC2018 indicano come terremoto di progetto di un nuovo edificio.
  • Perdita annuale media attesa (PAM) definita come indice che tiene in conto delle perdite economiche associabili ai danni da sisma e riferite al costo di ricostruzione (CR) dell’edificio privato dei suoi contenuti.

La Classe di rischio (CdR) verrà determinata sia in termini di IS-V che in termini di PAM. La Classe di rischio sismico definitiva è quella minore tra le due e corrisponde al maggiore rischio sismico.
Il PAM – che, si ripete, è il costo di riparazione dei danni prodotti da sismi che investiranno il fabbricato durante la sua vita – è ripartito annualmente ed espresso come percentuale del costo di ricostruzione.

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